La casa del tuo tempo è il tuo cuore
L’incontro di Momo con Mastro Hora è il centro di tutto il racconto. Momo, grazie all’esperienza che le fa vivere Mastro Hora, intuisce cosa sia il tempo, la sua vastità, il suo eterno movimento, che sembra regalare il momento più bello della propria vita per poi lasciarlo presto appassire e dissolversi… in vista di qualcosa di ancora più straordinario. Questa immensità è dentro il cuore di ciascun uomo, come l’Autore dice diverse volte nel corso della narrazione: «il tempo è vita e la vita dimora nel cuore». Mastro Hora svela a Momo il segreto del tempo: ogni uomo vive e gestisce il proprio tempo e il modo di usarlo “perché devono essere gli uomini stessi a decidere come impiegare il proprio tempo. E a loro stessi tocca anche difenderlo”. Momo scopre che il proprio cuore è la casa del proprio tempo. Mettere il cuore nelle cose che facciamo e viviamo ogni giorno significa modificare il nostro rapporto e la nostra idea del tempo, che non è più ciò che sfugge e che ci imprigiona, ma è ciò che ci permette di gustare chi incontriamo, ciò che siamo, che abbiamo.
A tal proposito è bello il brano di Matteo 6,19-21: «Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore».
Anche oggi vogliamo rendere meglio partecipi i lettori attraverso gli stessi testi a cui i ragazzi hanno attinto grazie alla bravura dei nostri animatori (l'insuperabile Davide Zambelli nel ruolo di Mastro Hora) e la fantastica location del Santuario di Nostra Signora del Soviore.
Momo si trovava nella più grande sala che avesse mai visto. Era molto più grande della più grande chiesa, molto più ampia del più spazioso atrio di stazione. Colonne poderose reggevano una copertura - che si immaginava più che vederla - lassù nella semioscurità. Non c’erano finestre. La luce dorata dei raggi, che parevano tessere trama e ordito di un tenue velo luminoso nell’immenso spazio di quell’ambiente, proveniva da innumerevoli candele sparse ovunque, le cui fiammelle bruciavano con tanta immobilità da parer dipinte con colori splendenti. E sembrava che non necessitassero di consumare cera per rifulgere. Le migliaia di ronzii, ticchettii e scampanellii e squittii, che Momo aveva udito entrando, provenivano da una incredibile quantità di orologi d’ogni forma e dimensione. Erano appoggiati a terra o posati su lunghi tavolini, in vetrine di cristallo, su mensole dorate e su interminabili scaffali. Momo si aggirava là dentro guardando tutte quelle rarità con i grandi occhi stupefatti.
M. Hora
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(con un sorriso) Oh,
Cassiopea, sei tornata? Mi hai portato la piccola Momo?
(l’accarezza e le porge l’orecchio).
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Momo
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Sono qui!
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M. Hora
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(con allegria) Benvenuta nella Casa di
Nessun Luogo. Io sono Mastro Hora, Secundus Minutius Hora.
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Momo
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Davvero
mi aspettava?
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M. Hora
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Lo credo
bene! Ti ho mandato io la tartaruga Cassiopea perché ti portasse qui.
(guarda l’orologio) Sei
arrivata con eccezionale puntualità. Questo è un orologio astrale, indica con
precisione le rare ore astrali e giusto in questo momento ne è iniziata una.
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Momo
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Un’ora
astrale… cos’è?
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M. Hora
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Nel corso
dell’universo ci sono, a volte, dei momenti stupendi e speciali in cui può
avverarsi qualcosa che né prima né dopo sarebbe possibile. Purtroppo gli
uomini, in generale, non sono attenti. Però, se qualcuno se ne accorge,
possono accadere grandi cose nell’universo.
(pausa) Ma tu avrai fame! (le prepara la colazione e la guarda mangiare).
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Momo
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(mandando giù l’ultimo boccone) Perché
mandi le tartarughe?
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M. Hora
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Non mando
le tartarughe: ho mandato a te Cassiopea per proteggerti dai Signori Grigi.
Essi ti cercano dappertutto.
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Momo
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Vogliono
farmi male?
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M. Hora
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Sì,
piccola! Hanno paura di te. Tu hai portato uno di loro a tradirsi e hai
raccontato ai tuoi amici tutta la verità sui Signori Grigi.
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Momo
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Ma se
abbiamo attraversato tutta la città, perché non ci hanno presi?
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M. Hora
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Cassiopea
ha il potere di vedere nel futuro mezz’ora prima.
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Momo
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(sorpresa) Ah, ora capisco! Quando lei
sapeva da che parte andavano i Signori Grigi pigliava un’altra strada. Ma se
venissero qui?!
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M. Hora
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(sorride) Ma non ti preoccupare. Qua
dentro non possono entrare. Nemmeno se trovassero la via per il Vicolo di
Mai.
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Momo
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(pensierosa) Come mai sai tutto dei
Signori Grigi se non esci mai di qui?
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M. Hora
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Non è
necessario, ho i miei occhiali Cosmovista.
(si toglie gli occhiali d’oro e li porge a Momo):
Vuoi provarli?
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Momo
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(indossa gli occhiali e si spaventa) Oh! Vedo
i Signori Grigi.
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M. Hora
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Stanno
parlando di te. Non sanno spiegarsi come tu abbia fatto a sfuggire.
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Momo
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Perché hanno
le facce grigie?
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M. Hora
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Perché si
tengono in vita con ciò che è morto: esistono utilizzando il tempo vitale
degli uomini.
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Momo
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Ma allora
quei Signori non sono veri Uomini! Cosa sono?
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M. Hora
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In realtà
non sono niente. Si formano perché gli uomini danno loro la possibilità di
formarsi. Questo basta a farli esistere. Purtroppo hanno molti collaboratori
tra gli uomini. Questo è il male.
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Momo
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Io il mio
tempo non lo lascio prendere a nessuno!
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M. Hora
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Lo spero
bene! Ma tu, Momo, lo sai cos’è il tempo?
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Momo
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Oh, mamma,
che domanda! (pensa) Il tempo… è
qualcosa che ESISTE. Come una specie di musica che non si avverte perché c’è
sempre. Io credo di averla sentita qualche volta… Direi, come le onde che si
formano sull’acqua con il vento.
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M. Hora
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Credo che
tu l’abbia detto nel migliore dei modi… Sai, dalla Casa di Nessun Luogo nel
Vicolo di Mai viene il tempo di tutti gli uomini.
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Momo
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Sei tu
che lo fai?
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M. Hora
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No, bimba
mia, io sono soltanto l’amministratore. A me spetta soltanto il compito di
distribuire ad ogni uomo il tempo che gli è destinato.
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Momo
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E non
potresti impedire a quei ladri di rubare il tempo agli uomini?
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M. Hora
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No, non
posso, perché devono essere gli uomini stessi a decidere come impiegare il
proprio tempo. E a loro stessi tocca anche difenderlo. Io posso soltanto
distribuirlo. (pausa) Ti piacerebbe
vedere da dove viene il tempo?
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Momo
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Sì.
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M. Hora
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Ti
condurrò io, ma in quel luogo bisogna tacere, niente si può domandare, niente
si può dire. Me lo prometti?
(Momo annuisce senza parlare. Mastro Hora la prende
per mano e la porta fuori)
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Narratore
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Dopo un
lungo percorso le raccomandò nuovamente il silenzio con un dito ammonitore
sulle labbra. Poi indietreggiò di qualche passo. Momo si trovò immersa in un
crepuscolo dorato. Un po’ per volta si rese conto di stare sotto una cupola
immensa, perfettamente rotonda, che le parve sconfinata come il firmamento.
Una cupola immane di oro purissimo, e, lassù, al centro, nel punto eccelso, un
varco circolare attraverso il quale scendeva diritta una colonna di luce a
raggiungere e ad abbracciare i bordi di un grande bacino, anch’esso rotondo,
la cui acqua nera stagnava levigata e immobile come uno specchio brunito.
Verticale, a pelo d’acqua, scintillava una fulgida stella, dentro quella
luce. Si muoveva con lentezza maestosa e Momo ravvisò in quello splendore un
pendolo prodigioso che oscillava avanti e indietro sopra lo specchio brunito.
A nulla agganciato, si muoveva nell’aria come privo di peso. Allorché il
pendolo astrale si stava avvicinando al bordo dello stagno, emerse in quel
punto dall’acqua scura una grande gemma che quanto più il pendolo le si
accostava tanto più sbocciava, fino a che posò, completamente fiorita, sullo
specchio d’acqua. Momo non aveva mai visto un fiore di tale stupenda
bellezza, che pareva formato soltanto di colori sfolgoranti, né aveva mai
immaginato che simili colori potessero esistere. Il pendolo astrale sostò un
momento sul fiore e Momo, rapita dall’ammirazione, dimenticò ogni altra cosa.
Il suo profumo appagava il desiderio di qualcosa che da sempre aveva cercato
senza saperlo. Poi il pendolo cominciò l’oscillazione di ritorno con la sua
solenne lentezza; e mentre si allontanava Momo si avvide, costernata, che lo
stupendo fiore cominciava ad avvizzire: uno dopo l’altro i petali si
staccavano e scomparivano nel profondo dell’acqua buia. Momo ne era
addolorata come per la perdita di qualcosa per sempre irrecuperabile. Quando
il pendolo giunse sopra il centro del bacino, il meraviglioso fiore era
totalmente scomparso. Nello stesso tempo, tuttavia, cominciava a sorgere dall’acqua
buia, al bordo opposto, un’altra gemma. E mentre il pendolo le si avvicinava
il fiore che cominciava a schiudersi era ancor più smagliante del primo. Momo
corse leggera intorno allo stagno per contemplarlo da vicino. Era del tutto
diverso dall’altro fiore. Anche i colori di questo la bimba mai aveva visto
eppure le sembrava che fossero più intensi e preziosi. E anche il profumo era
diverso, più squisito: e più Momo contemplava quel prodigio, più scopriva
particolari meravigliosi. Ma di nuovo il pendolo astrale iniziò il suo lento
moto di ritorno e il prodigio scomparve perdendo petalo per petalo nella
profondità imperscrutabile dello stagno buio. Momo si rendeva conto, un po’
alla volta, che ogni nuovo fiore era diverso dai precedenti e che l’ultimo a
sbocciare pareva il migliore di tutti.
(rientra Momo e subito dietro Mastro Hora)
In quel
momento Momo vide Mastro Hora che la chiamava con un cenno della mano. Si
precipitò verso di lui. Ripercorsero il lunghissimo corridoio.
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Momo
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Mastro
Hora… non avevo mai pensato che il tempo degli uomini era, era… tanto grande!
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M. Hora
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Ciò che
tu hai visto e sentito, Momo, non era il tempo di tutti gli uomini. Era
soltanto il tuo proprio tempo.
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Momo
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Dove sono
stata?
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M. Hora
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Nel tuo
proprio cuore.
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Momo
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Mastro
Hora, posso portarti anche i miei amici?
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M. Hora
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No, per
ora non è possibile.
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Momo
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Posso
raccontare quello che mi hanno detto le stelle?
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M. Hora
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Certo che
puoi. Ma non ne sarai capace.
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Momo
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Perché
no?
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M. Hora
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Le parole
devono nascere dal cuore e poi crescere nella tua anima. Ora, dormi.
(Momo si addormenta)
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Narratore
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Quando
Momo si svegliò, si ritrovò nella gradinata dell’anfiteatro. Quando tempo era
passato dall’incontro con Mastro Hora? Non lo sapeva.
Intanto
erano successe cose terribili in città: i suoi amici avevano incontrato già
Uomini Grigi ed erano caduti nella loro trappola. Gigi, Beppo, i ragazzi…
avevano ceduto di fronte alle loro bugie, consegnando il loro tempo, la loro
vita. In città regnava un silenzio mortale… e Momo sapeva solo in parte la
verità.
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Alla fine della rappresentazione, ai ragazzi è stata donata una piccola clessidra (uno dei simboli per eccellenza del tempo che scorre inesorabilmente, avanti e indietro), spiegando che – per quanto possa sembrare che le cose si ripetano sempre in modo pressoché identico (come sembra che, in una clessidra, la sabbia che scende dall’alto al basso sia sempre la stessa) – lo scorrere del tempo ci rivela sempre qualcosa di nuovo e più prezioso, come nella visione del pendolo di Momo.